Ho scelto questo libro perché racconta una realtà che viviamo ogni giorno, e che non tutti vogliono vedere. Perchè c’è chi non accetta che possano esserci ragazzine che a quattordici anni si spogliano per ballare su un palo, chi non accetta che ci siano altri che invece tirano coca nei bagni delle discoteche, o chi non crede possano esistere padri che mandano all’ospedale le figlie. E quando la gente si copre gli occhi davanti a tutto ciò, diventa automaticamente complice. Ma se diventiamo tutti complici, come possiamo uscirne?

Hanno criticato il libro scrivendo che è “uno sbadiglio di un display televisivo: un accumulo di luoghi comuni, banalità sociologiche, con adolescenti in tumulto come in un manga made in Italy e con frasi fatte, un tentativo fallito di rendere la realtà delle classi popolari”. Scrivendo ciò, sono diventati complici anche loro. E’ facile criticare, per chi non ha vissuto niente di quello che è scritto in Acciaio, ma per chi sa cos’è vivere dovendo accettare che non potrà mai portare giacca e cravatta, che deve vivere con un padre che non c’è, che fa solo guai, per chi ha visto morire un fratello o una sorella, per chi vede la madre invecchiare prima del dovuto senza mai il sorriso in faccia, per chi non vede altre vie d’uscita ed è costretto a crescere con la convinzione che oltre i palazzi in cui vive non ci sia nient’altro, per chi sa tutto ciò, quello che è scritto in Acciaio è verità. E alla gente non conviene accettarlo, e quello che non si riesce ad accettare si può solo criticare.

E’ abitudine delle persone scansare chi non è come loro, e che quindi non possono capire. Trovare persone diverse, che hanno vissuto in modo diverso, che non si vestono e non parlano come loro gli è quasi scomodo, scoprire che c’è un altro mondo oltre a quello che vogliono vedere gli fa paura.

“Gli manca l’anima”, hanno scritto. Ma a chi manca l’anima è a colui che ha scritto ciò, che non vede che il problema c’è, e nessuno se ne cura. Se un padre di famiglia è costretto a rubare dove lavora, o a continuare a lavorare nonostante lo stipendio basso perché non ha altra scelta, è per divertimento o per sofferenza? Esiste un mondo in cui la scelta è una, o la vita o la morte, e c’è chi rischia la morte per la vita, nel nostro mondo. Ma altri continuano a chiudere gli occhi davanti ai giornali che nascondono la verità, davanti a chi ha potere e lo usa per giocarci, davanti a chi si fa comandare da tutto ciò.

Le cose migliori risplendono di paura, come la voglia di fare di ragazze come Anna e Francesca, che della vita non hanno ancora visto niente ma hanno già capito, visto e sopportato tutto. La paura di un mondo più grande di loro, di un padre che l’amore, se amore si può chiamare, lo mette negli schiaffi e nelle botte. O di un padre, come Arturo, che l’amore lo mette nelle assenze e nelle scuse per tornare a casa, o nelle promesse di una vita migliore che non arriverà mai. Di ragazzi come Alessio, ma anche uomini, che hanno voglia di fare e di cambiare il mondo, di divertirsi, di godersi la vita, ma muoiono sul lavoro. […] E’ un mondo abbandonato a se stesso, e vale la legge del più forte. Chi riesce sopravvive perché non è mondo per i deboli. […] Ma chi ha passato una vita di piogge, si meriterebbe il sole, il problema è che nessuno glielo può dare. […]

Il problema non è solo di chi non vuole vivere vite migliori, ma anche di chi non ne dà la possibilità perché chi soffre non chiede aiuto ma lo vuole.

Io ho vissuto una vita simile a quella di Alessio, ho pensato a divertirmi e sapevo farlo, volevamo entrambi andare lontano ma poi, Alessio con la morte, io con il carcere, ci siamo fermati. Ciò che bisogna ricordarsi è che non si deve arrivare alla morte per dire basta e cambiare le cose, perché Acciaio è un libro, una storia inventata che rappresenta una vita vera, ma il finale si può sempre cambiare.

G.